Santi del 29 Aprile
*Acardo di S. Vittore *Anna Chrzanowska *Antonio Kim Song-u *Caterina da Siena - Domenicana *Cristino - Martire *Giovanni Vargas - Martire *Itala Mela *Luccreth *Paolo II di Brescia *Pietro da Verona o Pietro Martire *Severo di Napoli - Vescovo *Tichico *Torpete - Martire *Ugo di Cluny - Abate *Altri Santi del giorno
*Sant'Acardo di San Vittore - Abate (29 Aprile)
m. 1172
Martirologio Romano: Nell’abbazia di La Lucerne-d’Outremer nella Normandia, in Francia, Sant’Acardo, vescovo di Avranches, che, un tempo abate di San Vittore a Parigi, scrisse molti trattati di vita spirituale al fine di condurre l’anima cristiana alle vette della perfezione e alla sua morte fu sepolto in questa abbazia premostratense da lui spesso frequentata.
Abate di S Vittore, poi vescovo d'Avranches. Discendente da nobile famiglia normanna, stabilitasi in Inghilterra al seguito di Guglielmo il Conquistatore nella spedizione del 1066, n. nella prima metà del sec. XII, secondo alcuni nell’isola inglese, secondo altri in Normandia presso Domfront (Orne). M. il 29 marzo 1171.
Ricevuta la prima educazione tra i canonici regolari di Bridlington (diocesi di York), passò, per perfezionarsi negli studi, a Parigi.
Quivi abbracciò la vita religiosa nella novella abbazia di S. Vittore, dove l’esempio del celebre Ugo gli fu di sprone nello studio e nella virtù. Morto l’abate Gilduino (1155), gli successe quale secondo abate di San Vittore.
Nel 1157 fu eletto vescovo di Séez, ma Enrico II d’Inghilterra si oppose alla sua consacrazione perché, a quanto riferisce San Tommaso di Canterbury, il papa Adriano IV ne aveva favorito la scelta.
Nel 1161, fu nominato vescovo di Avranches. Pio e benefico, per la sua amicizia col monarca inglese ottenne molti favori per la sua diocesi e per l’intera regione di Normandia. Fu sepolto nella chiesa dell’abbazia premostratense di La Lucerne, di cui era stato il principale benefattore e di cui aveva benedetto (1164) la prima pietra.
Nelle fonti ha il titolo di maestro (magister Achardus) e il suo epitaffio lo dice famosus doctor Achardus (PL 196, 1779). Ma i suoi scritti, non ancora del tutto individuati, sono rimasti inediti.
L'abbazia di Maredsous si è assunta l'impresa dell'editio princeps, e fin dal 1899 ha raccolto i materiali necessari.
In base a questi il Morin rileva il « suo genio sottile e insieme lucido, la sua ardita analisi dei misteri dell'essere umano, unita al misticismo vittorino, in un stile vivace, talora eloquente, molto più efficace dello stile scolastico dell'età posterine », e gli riconosce la paternità del trattato De discretione animae, spiritus et mentis, già falsamente attribuito ad Adamo di S. Vittore.
Nel 1935 lo ha pubblicato, secondo il cod Paris. Mazar, 1002 (942), del sec. XIII, proveniente da S. Vittore. Importante è il suo trattato o sermone De abnegatione sui ipsius, detto anche, meno esattamente, De tentatione Domini in deserto, perché ha per assunto Matt. 4, I.
Fine dell’autore è di condurre l'anima alla perfezione attraverso i sette gradi dell'abnegazione evangelica, che la fanno entrare come in sette deserti. Spogliandosi così di se stessa e di tutte le cose, l'anima si unisce intimamente a Dio. L'opuscolo si dirige a tutti, ma specialmente ai religiosi.
Nel Migne si hanno di Acardo solo due brevi Epistolae (PL 196, 1381-82). Alcune sue opere sono perdute, come il De Trinitate, di cui qualche tratto è riportato nell’Eulogium ad Alexandrum III di Giovanni di Cornovaglia (PL 199, 1054 sg.), e le Quaestiones de peccato, citate nelle Allegoriae in Novum Testamentum attribuite ad Ugo di San Vittore (ma posteriori).
Profondo teologo, campione della dottrina tradizionale, propugna il realisrno dell'unione delle due nature in Cristo contro i nominalisti di tutte le tinte.
Erroneamente dal Vossio gli è stata attribuita la Vita B Gezzelini o Schetzelonis edita (Douai 1626) dal Raisse (cf. Acta SS. Augusti, I, Venezia 1741, pp 172-73, l75-80) probabilmente è opera del suo omonimo e contemporaneo Acardo di Clairvaux.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Acardo di San Vittore, pregate per noi.
*Beata Anna Chrzanowska - Oblata Benedettina (29 Aprile)
Varsavia, Polonia, 7 ottobre 1902 – Cracovia, Polonia, 29 aprile 1973
Hanna Helena Chrzanowska, nata a Varsavia in Polonia il 7 ottobre 1902, era di famiglia in parte cattolica, in parte protestante.
Durante la rivoluzione russa si prese cura dei soldati feriti e comprese che quella doveva essere la sua missione: nel 1929 iniziò gli studi da infermiera, approfonditi in Francia e al seguito della Croce Rossa americana. Nel 1937 contribuì a fondare l'associazione delle infermiere cattoliche polacche.
Nel corso della seconda guerra mondiale organizzò un servizio infermieristico a domicilio e aiutò in vario modo i rifugiati.
Terminato il conflitto, si occupò di una casa di cura dove, oltre alle questioni amministrative, seguiva personalmente gli ospiti, a fianco delle allieve infermiere.
Malata di cancro, morì il 29 aprile 1973 a Cracovia. La sua causa, nella parte diocesana, si è svolta a Cracovia dal 3 novembre 1997 al 2003; la sua "Positio super virtutibus" è stata consegnata nel 2011. Il decreto sulle sue virtù eroiche porta la data del 30 settembre 2015.
Il 7 luglio 2017 Papa Francesco ha approvato il decreto su un miracolo attribuito alla sua intercessione, autorizzando quindi la sua beatificazione.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Anna Chrzanowska, pregate per noi.
*Sant'Antonio Kim Song-u - Catechista e Martire (29 Aprile)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Santi Martiri Coreani" (Andrea Kim Taegon, Paolo Chong Hasang e 101 compagni) - 20 Settembre
Gusan, Corea del Sud, 1795 - Tangkogae, Corea del Sud, 29 aprile 1841
Martirologio Romano: A Seul in Corea, Sant’Antonio Kim Song-u, martire, che era solito radunare in casa sua molti fedeli e fu strangolato in carcere per Cristo.
Antonio Kim Sŏng-u, convertitosi al cattolicesimo, decise di accogliere in casa sua i fedeli che non avevano un luogo dove radunarsi, affinché la lettura della Sacra Scrittura e la preghiera comune potesse sostenerli durante la persecuzione, scatenatasi a partire dall’editto del 1802 ed esplosa definitivamente nel 1839.
In quell’anno il fratello di Antonio, Giuseppe Chang Sŏng-jib, di professione farmacista, aveva subito il martirio.
La stessa sorte, due anni dopo, toccò a lui: arrestato e gettato in carcere, vi fu ucciso per strangolamento il 29 aprile 1841, senza ricevere un regolare processo.
Aveva quarantasei anni.
Insieme a suo fratello Giuseppe, Carlo è stato incluso nel gruppo dei martiri coreani capeggiati da Andrea Kim Taegon, beatificati il 5 luglio 1925 e, inseriti in un gruppo più ampio, canonizzati il 6 maggio 1984.
(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Antonio Kim Song-u, pregate per noi.
*Santa Caterina da Siena - Domenicana, Vergine e Dottore della Chiesa, Patrona d'Italia (29 Aprile)
Siena, 25 marzo 1347 - Roma, 29 aprile 1380
«Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia»: queste alcune delle parole che hanno reso questa santa, patrona d'Italia, celebre. Nata nel 1347 Caterina non va a scuola, non ha maestri.
I suoi avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre.
E la spunta. Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua ""cella"" di terziaria domenicana (o Mantellata, per l'abito bianco e il mantello nero.
La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. Li chiameranno "Caterinati". Lei impara a leggere e a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata. Con essi lei parla a papi e re, a donne di casa e a regine, e pure ai detenuti.
Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso papa Gregorio XI.
Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377.
Deve poi recarsi a Roma, chiamata da Papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente.
Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni.
Sarà canonizzata nel 1461 dal papa senese Pio II. Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d'Italia con Francesco d'Assisi. (Avvenire)
Patronato: Italia, Europa (Giovanni Paolo II, 1/10/99)
Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco
Emblema: Anello, Giglio
Martirologio Romano: Festa di Santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, che, preso l’abito delle Suore della Penitenza di San Domenico, si sforzò di conoscere Dio in se stessa e se stessa in Dio e di rendersi conforme a Cristo crocifisso; lottò con forza e senza sosta per la pace, per il ritorno del Romano Pontefice nell’Urbe e per il ripristino dell’unità della Chiesa, lasciando pure celebri scritti della sua straordinaria dottrina spirituale.
Lo si dice oggi come una scoperta: "Se è in crisi la giustizia, è in crisi lo Stato". Ma lo diceva già nel Trecento una ragazza: "Niuno Stato si può conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia".
Eccola, Caterina da Siena. Ultima dei 25 figli (con una gemella morta quasi subito) del rispettato tintore Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piacenti, figlia di un poeta.
Caterina non va a scuola, non ha maestri. Accasarla bene e presto, ecco il pensiero dei suoi, che secondo l’uso avviano discorsi di maritaggio quando lei è sui 12 anni. E lei dice di no, sempre, anche davanti alle rappresaglie.
E la spunta.
Del resto chiede solo una stanzetta che sarà la sua “cella” di terziaria domenicana (o Mantellata, per l’abito bianco e il mantello nero).
La stanzetta si fa cenacolo di artisti e di dotti, di religiosi, di processionisti, tutti più istruiti di lei. E tutti amabilmente pilotati da lei.
Li chiameranno “Caterinati”. Lei impara faticosamente a leggere, e più tardi anche a scrivere, ma la maggior parte dei suoi messaggi è dettata.
Con essi lei parla a papi e re, a cuoiai e generali, a donne di casa e a regine. Anche ai "prigioni di Siena", cioè ai detenuti, che da lei non sentono una parola di biasimo per il male commesso.
No, Caterina è quella della gioia e della fiducia: accosta le loro sofferenze a quelle di Gesù innocente e li vuole come lui: "Vedete come è dolcemente armato questo cavaliero!".
Nel vitalissimo e drammatico Trecento, tra guerra e peste, l’Italia e Siena possono contare su Caterina, come ci contano i colpiti da tutte le sventure, e i condannati a morte: ad esempio, quel perugino, Nicolò di Tuldo, selvaggiamente disperato, che lei trasforma prima del supplizio: "Egli giunse come uno agnello mansueto, e vedendomi, cominciò a ridere; e volse ch’io gli facessi il segno della croce".
Va ad Avignone, ambasciatrice dei fiorentini per una non riuscita missione di pace presso Papa Gregorio XI.
Ma dà al Pontefice la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377.
Parla chiaro ai vertici della Chiesa.
A Pietro, cardinale di Ostia, scrive: "Vi dissi che desideravo vedervi uomo virile e non timoroso (...) e fate vedere al Santo Padre più la perdizione dell’anime che quella delle città; perocché Dio chiede l’anime più che le città".
C’è pure chi la cerca per ammazzarla, a Firenze, trovandola con un gruppo di amici. E lei precipitosamente si presenta: "Caterina sono io! Uccidi me, e lascia in pace loro!".
Porge il collo, e quello va via sconfitto.
Deve poi recarsi a Roma, chiamata da Papa Urbano VI dopo la ribellione di una parte dei cardinali che dà inizio allo scisma di Occidente.
Ma qui si ammala e muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 dal Papa senese Pio II.
Nel 1939 Pio XII la dichiarerà patrona d’Italia con Francesco d’Assisi.
E nel 1970 avrà da Paolo VI il titolo di dottore della Chiesa. La festa delle stigmate di S. Caterina è, per il solo ordine domenicano, il 1° aprile.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Caterina da Siena, pregate per noi.
*San Cristino - Martire (29 Aprile)
Patronato: Portoferraio
San Cristino martire è il patrono della città di Portoferraio, le cui reliquie - "corpo santo" - sono conservate e venerate nella chiesa appartenete alla Confraternita della Misericordia.
Nel 1661 il "corpo santo" fu scoperto nella catacomba di Priscilla.
Il portoferraiese Antonio Vai, appartenente alla Confraternita della Misericordia, recatosi casualmente a Roma, fece richiesta al Papa Alessandro VII perché gli concedesse un "corpo santo".
Il Pontefice appagò il pio desiderio e donò la preziosa reliquia di S. Cristino alla comunità di Portoferraio.
Il sacro deposito giunse a Portoferrario il 29 aprile, giorno che divenne festa patronale per la comunità portoferraiese.
Nel 1764 Papa Clemente XIII accolse la richiesta di elezione di san Cristino a patrono di Portoferrario; infatti la S. Congregazione dei Riti il 7 aprile 1764 concesse alla festa di San Cristino, il 29 aprile, tutti i privilegi riguardanti le feste dei principali Protettori.
In data 9 agosto 1764, il decreto ebbe il benestare dell'Imperatore Francesco I.
(Autore: Don Damiano Marco Grenci)
Giaculatoria - San Cristino, pregate per noi.
*Beato Giovanni Vargas - Mercedario, Martire (29 Aprile)
XVI secolo
Dalla Spagna, il mercedario Beato Giovanni Vargas, passò in America a Santa Marta nel 1533 e poco dopo nel 1537 in Perù.
Fu colui che convocò un’assemblea nel convento del Cusco nel novembre 1556, alla quale parteciparono i commendatori di Cusco, Lima, Trujillo, Panama, Quito, Chachapayas e Arequipa e fu il promotore per creare la prima provincia mercedaria in America.
Egli ottenne una bolla da Papa Pio IV°, datata in Roma il 30 dicembre 1560, mediante la quale veniva approvato e confermato quanto richiesto e dopo molte discussioni e controversie finalmente il provinciale dei mercedari di Castiglia, Venerabile Gaspare de Torres, emanò un documento in data 13 gennaio 1563 con cui divideva l’Ordine della Mercede in America in quattro province: Guatemala, Cusco, Lima e Cile.
Insigne evangelizzatore fra i popoli del Perù, instancabilmente predicò il vangelo agli indios ma da questi fu preso, legato ad un albero e trafitto da frecce, professando la fede morì gloriosamente sul monte vallano presso Panama.
L’Ordine lo festeggia il 29 aprile.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Vargas, pregate per noi.
*Beata Itala Mela (Maria della Trinità) Oblata Benedettina (29 Aprile - 28 Aprile)
La Spezia, 28 agosto 1904 - 29 aprile 1957
Una mistica dedita all'approfondimento della dimensione trinitaria della vita cristiana: così può essere sintetizzata la testimonianza di Itala Mela, nata a La Spezia il 28 agosto 1904. Papà e mamma sono maestri elementari di sani principi, ma lontani dalla fede.
Mentre frequenta il Liceo, la morte del fratello di nove anni la getta nella disperazione e nella totale negazione della fede.
Ma solo due anni dopo, in seguito a una misteriosa scossa interiore, comincia una nuova vita all'insegna del motto: «Signore, se ci sei, fatti conoscere». É il punto di partenza di un percorso mistico con al centro il mistero della Trinità. Muore il 29 aprile 1957. La sua beatificazione ha avuto luogo a La Spezia il 10 giugno 2017.
"Signore, se ci sei fatti conoscere": è la preghiera che le sgorga dal cuore nel momento in cui comincia a vacillare il suo ateismo, orgogliosamente professato.
A spingerla alla deriva era soprattutto stata la morte del fratellino Enrico, di appena 9 anni, avvenuta il 27 febbraio 1920; non ancora sedicenne, la mancata elaborazione di questo lutto l’ha portata a convincersi che l’esistenza di Dio è inconciliabile con il dolore innocente e che solo il nulla ci può essere dopo la morte.
Dopo un'adolescenza tenacemente atea, si riavvicina alla fede durante gli anni dell'università, grazie all'aiuto di due sacerdoti genovesi e grazie anche alla Federazione degli Universitari cattolici italiani, alla quale nel frattempo si è iscritta. Determinanti per la sua formazione spirituale sono alcuni incontri, in seno alla FUCI, con il giovane Montini (il futuro Paolo VI), il cardinal Schuster, Padre Gemelli e don Divo Barsotti.
Laureata in Lettere, la sua carriera di giovane insegnante è sconvolta da un evento verificatosi a Pontremoli (MS) il 3 agosto 1928: dal tabernacolo riceve un raggio di luce e il messaggio divino "Tu la farai conoscere". È la prima irruzione di Dio nella sua vita, cui seguiranno tante altre che fanno di lei una delle più grandi mistiche italiane del Novecento.
È costretta a rinunciare sul nascere alla vocazione benedettina a causa di una febbre persistente e altissima, che la colpisce a inizio 1929 e che sembra portarla alla tomba. Si riprende, invece, contrariamente ad ogni previsione, pur continuando ad essere fragile e cagionevole di salute, al punto da dover lasciare la cattedra di Milano e rientrare a La Spezia nel 1933 e quattro anni dopo addirittura lasciare l’insegnamento.
Nel 1933 conclude anche il noviziato benedettino con la professione come Oblata del Monastero in San Paolo fuori le Mura, a Roma.
Pur continuando a restare nel mondo emette così i voti di povertà, castità e obbedienza, cui si aggiungono il voto "del più perfetto" (che consiste nel ricercare sempre l’azione più perfetta da fare) e, infine, quello dell’impegno a diffondere la verità della "Inabitazione" della SS.Trinità nella nostra anima. Anzi, quello della "Inabitazione" diventa il suo carisma specifico, grazie al quale riesce a vivere una particolarissima intimità con Dio Uno e Trino. Scrive: "La volontà di Cristo, che io sento imperiosa nel profondo della mia anima, è di trascinarmi, d'immergermi con Se stesso negli abissi della SS. Trinità.... È inutile cercare altre vie: questa è quella che Egli ha scelto per la mia santificazione".
A partire dal 1936 si fanno sempre più frequenti le sue estasi, le visioni e i messaggi della SS. Trinità, che si accompagnano a sfibranti persecuzioni diaboliche, quasi a conferma che la spiritualità da lei perseguita procura molto fastidio al demonio.
Tutto vive con straordinaria umiltà e carità, nella certezza, come scrive, che "vivere l’Inabitazione non è una cosa straordinaria ma la logica conseguenza del nostro Battesimo", perché "sarebbe un grave errore credere che il richiamare le anime a nutrire di questo mistero adorabile la loro vita, sia il richiamarle ad una "devozione" speciale: è piuttosto un invitarle a vivere della grazia che il Battesimo ha loro donato".
Il suo pensiero e il suo affetto, di giorno e di notte, nel lavoro, nel riposo e nelle lunghe ore di preghiera è sempre rivolto a Dio Padre e Figlio e Spirito Santo che abita nella cella del suo cuore e la sua sensibilità spirituale si affina al punto che lo stesso peccato veniale e l’imperfezione "avvertita" le appaiono molto più gravi di quello che prima pensava.
Anche un piccolo "no" all’amato, posseduto in ogni istante, le sembra ben triste cosa, in quanto "tradire la nostra vocazione alla santità è anche tradire tutti coloro la cui salvezza è legata alla nostra immolazione". Dopo la parentesi della guerra, che la fa sfollare insieme ad altri a Barbarasco (Tresana, MS), nel 1946 ha la prima intuizione della "famiglia sacerdotale", ancora oggi attiva, formata da sacerdoti e diaconi che lavorano, in modo particolare, per far conoscere alle anime la grazia dell’Inabitazione e per condurle a viverla in conformità col loro Battesimo.
Itala Mela muore il 29 aprile 1957 ed i suoi resti mortali riposano dal 1983 nella cripta della cattedrale di Cristo Re, a La Spezia, sua città natale.
La causa della sua beatificazione, avviata nel 1976, ha raggiunto a giugno 2014 il riconoscimento delle virtù eroiche ed il 10 giugno 2017 è stata beatificata.
(Autore: Gianpiero Pettiti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Itala Mela nasce a La Spezia il 28 agosto 1904 da Pasquino e Luigia Bianchini, insegnanti. Trascorre l'infanzia e l'adolescenza dai nonni materni, per via del lavoro dei genitori, dal 1905 al 1915. Nel 1915, con discreta preparazione, riceve la Prima Comunione e la Cresima.
Mentre frequenta il Liceo Costa, il 27 febbraio 1920, le muore il fratellino Enrico, di nove anni, e ritenendo che dopo la morte ci sia il nulla, si professa atea.
Nel 1922 supera brillantemente la licenza liceale e si iscrive all' Università di Genova, alla facoltà di Lettere. L'otto dicembre dello stesso anno, a seguito di una violenta scossa interiore, dopo essersi confessata e comunicata, inizia per lei una nuova vita basata sul motto: "Signore, se ci sei fatti conoscere".
Nel 1923 entra a far parte della FUCI, e qui incontrò diverse personalità alle quali resterà legata per tutta la vita, fra cui il futuro Paolo VI, Giovanni Battista Montini e Padre Agostino Gemelli. Il 3 agosto 1928, a Pontremoli, vive le prime esperienze di Dio in sé: dal tabernacolo della chiesa del Seminario riceve un raggio di luce e il messaggio divino "Tu la farai conoscere". A settembre pensa alla vocazione benedettina, ma deve rinunciarvi perché ammalata.
Infatti nel marzo del 1929 è colpita da una febbre altissima, pensa, "Per me è finita", ma alla Pentecoste dello stesso anno si offre Vittima all'Amore misericordioso. Il giorno della SS. Trinità riceve dal Belgio una lettera, con la quale viene invitata a immergersi nella Trinità e a cambiare nome: Maria della Trinità. Nel 1933 conclude il noviziato benedettino con la professione come Oblata del Monastero in San Paolo fuori le Mura, a Roma.
L'11 giugno 1933, con il quinto voto, l'Inabitazione diventa il centro della sua vita e della sua missione nella Chiesa. Il 27 luglio, per malattia, lascia Milano e torna a La Spezia. Nel 1936 è rapita da frequenti visioni celesti della Trinità, nonché da persecuzioni del demonio: vive la sua vita in carità ed umiltà.
Nello stesso anno, compie il voto del più perfetto e le nozze mistiche. Nel 1937, le muore la madre, e per difficoltà economiche abbandona l'insegnamento.
Il 21 aprile del 1941 presenta al Santo Padre Pio XII il Memoriale di Maria della Trinità e questi lo approva. Dal 5 al 15 ottobre 1946 compie a Genova un ciclo di Esercizi Spirituali e pensa di creare una famiglia sacerdotale, per la quale offrirà nel 1947 la vita eremitica.
Dieci anni dopo, il 29 aprile 1957, Itala Mela muore.
Il 21 novembre 1976 è iniziata la sua causa di canonizzazione ed il 12 giugno 2014 è stata proclamata Venerabile. A La Spezia il 10 giugno 2017 è stata dichiarata Beata.
(Autore: Mirco Camporesi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Itala Mela, intercedete per noi.
*San Luccreth - Abate (29 Aprile)
† 743
San Luccreth è un abate del monastero di Clonmacnoise.
Il monastero di Clonmacnoise è situato nell'Offaly in Irlanda sulle rive dello Shannon a sud di Athlone, oggi è uno dei siti archeologici e luoghi turistici principali del paese.
Clonmacnoise fu fondato nel 545 da San Ciaràn nel luogo dove le principali strade dell'epoca da est ad ovest si incontravano, attraverso le brughiere dell'Irlanda centrale fino ad Eiscir Riada.
Sulla vita di San Luccreth abate non sappiamo nulla.
Negli annali del monastero si ricorda solo che ricoprì la carica di abate dal 740 al 753, anno della sua morte.
In un toponimo della fine del VIII secolo, veniva commemorato nel giorno 29 aprile.
(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Luccreth, intercedete per noi.
*San Paolo II di Brescia - Vescovo (29 Aprile)
San Paolo II è un vescovo di Brescia. Nella lista dei vescovi in alcuni casi risulta al diciottesimo posto in altri al diciannovesimo dopo San Tiziano e prima di San Cipriano. Si ritiene governò la diocesi nei primi anni del VI secolo.
Alcuni studiosi gli assegnarono il nome di Paolino, confondendolo con l’omonimo predecessore Paolo I.
Su di lui non sappiamo nulla.
Le sue reliquie furono ritrovate, il 17 febbraio, non si sa se nel 1453 o nel 1455, presso un oratorio nelle vicinanze di San Pietro in Oliveto.
Nel 1798 dono state trasportate nella chiesa di Sant’Agata.
La sua festa viene celebrata il giorno 29 aprile.
(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paolo II di Brescia, intercedete per noi.
*San Pietro da Verona, o Pietro Martire - Sacerdote Domenicano (29 Aprile)
Nato da genitori eretici manichei, l’innata rettitudine del cuore gli fece intuire subito da che parte si trovasse la verità. A sette anni imparò alle scuole dei cattolici il Credo, che per lui non sarà una formula qualunque, ma un principio di vita e una luce che rischiarerà per sempre il suo cammino.
Entrato nell’Ordine, anelante le sante lotte per la fede, nei lunghi anni di preparazione al futuro apostolato, mise le basi di quella robusta santità che fece davvero di lui un atleta di Gesù Cristo.
Un giorno confidò a un confratello che da quando era sacerdote, celebrando la S. Messa, alla elevazione del calice aveva sempre chiesto al Signore la grazia di morire martire, tale era l’ardore della sua fede e della sua carità.
Nominato nel 1242 Inquisitore Generale per la Lombardia, combatté senza posa gli eretici con la spada della divina parola, finché fu ucciso per loro mano, come egli aveva predetto, sulla strada da Como a Milano.
Etimologia: Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino
Emblema: Pugnale, Ferita al capo, Palma
Martirologio Romano: Presso Milano, passione di San Pietro da Verona, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che, nato da genitori seguaci del manicheismo, abbracciò ancor fanciullo la fede cattolica e divenuto adolescente ricevette l’abito dallo stesso San Domenico; con ogni mezzo si impegnò nel debellare le eresie, finché fu ucciso dai suoi nemici lungo la strada per Como, proclamando fino all’ultimo respiro il simbolo della fede.
Nacque a Verona alla fine del sec. XII in una famiglia eretica, ma già ragazzino si oppose ai suoi parenti.
Continuò gli studi all’Università di Bologna dove poi entrò nell’Ordine Domenicano, quando s. Domenico era ancora in vita. Notizie storiche lo citano come grande partecipe nella fondazione delle Società della Fede e delle Confraternite Mariane a Milano, Firenze ed a Perugia; queste istituzioni a difesa della dottrina cristiana sorsero poi presso molti conventi domenicani; questo fra il 1232 e 1234.
Dal 1236 lo si incontra in tutte le città centro-settentrionali d’Italia come grande predicatore contro l’eresia dualistica, ma Milano fu il campo principale del suo apostolato, le sue prediche e le sue pubbliche dispute con gli eretici, erano accompagnate da miracoli e profezie così molti ritornavano alla vera fede del Vangelo.
Il Papa Innocenzo IV nel 1251 lo nominò inquisitore per le città di Milano e Como.
La lotta fu dura perché l’eresia era molto diffusa e nella domenica delle Palme 24 marzo 1252 durante una predica egli predisse la sua morte per mano degli eretici che tramavano contro di lui, assicurando i fedeli che li avrebbe combattuto più da morto che da vivo. I capi delle sette delle città di Milano, Bergamo, Lodi e Pavia, che per brevità non riportiamo i nomi, assunsero come esecutori, i killer di allora, Pietro da Balsamo detto Carino e Albertino Porro di Lentate.
Essi prepararono un agguato vicino a Meda dove Pietro, Domenico e altri due domenicani, nel loro tragitto da Como a Milano il 6 aprile 1252 si erano fermati a colazione prima di proseguire per la loro strada.
Albertino ricredendosi abbandonò l’opera e fu il solo Carino che con un "falcastro", tipo di falce, spaccò la testa di Pietro, immergendogli anche un lungo coltello nel petto, l’altro confratello Domenico ebbe parecchie ferite mortali che lo portarono alla morte sei giorni dopo nel convento delle Benedettine di Meda.
Il corpo di Pietro fu trasportato subito a Milano dove ebbe esequie trionfali e fu sepolto nel cimitero dei Martiri, vicino al convento di S. Eustorgio.
In quello stesso giorno si diffondevano notizie di miracoli.
Tra queste grazie, bisogna annoverare la conversione del vescovo eretico Daniele da Giussano che aveva macchinato la sua morte e dello stesso assassino Carino che entrarono poi nell’Ordine Domenicano. Il grande clamore suscitato dall’uccisione ed i tanti prodigi che avvenivano fecero si che da tutte le parti si chiedesse un’innalzamento agli altari del martire.
Undici mesi dopo, il Papa Innocenzo IV il 9 marzo 1253, nella piazza della chiesa domenicana di Perugia, lo canonizzò fissando la data della festa al 29 aprile.
Il suo culto ebbe grande espansione, i domenicani eressero chiese e cappelle a lui dedicate in tutto il mondo, le Confraternite ebbero in ciò un’importanza notevole.
Artisti furono chiamati a realizzare opere d’arte, come il monumento marmoreo del 1339 del pisano Giovanni Balduccio a Milano e la grandiosa chiesa di Verona detta di Santa Anastasia.
Parecchie città italiane lo elessero a loro protettore come Verona, Vicenza, Cremona, Como, Piacenza, Cesena, Spoleto, Rieti, Recanati.
É raffigurato con la tonaca domenicana, con la palma del martirio, con la ferita sanguinante dalla fronte al capo, oppure con una roncola che penetra nel cranio, con il pugnale infitto al petto o ai fianchi, secondo l’estro dell’artista.
É uno dei Santi più raffigurati, quasi tutti gli artisti si cimentarono a dipingerlo dal 1253 in poi, visto la grande diffusione che aveva l’Ordine Domenicano sia in chiese, che conventi, congregazioni, ecc. La sua data di culto è il 6 aprile, mentre l'Ordine Domenicano lo ricorda il 4 giugno.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro da Verona, pregate per noi.
*San Severo di Napoli - Vescovo (29 Aprile)
Napoli, † 29 aprile 409
Della sua vita antecedente al ministero episcopale non sappiamo quasi nulla. Guidò la Chiesa campana dal febbraio 363 al 29 aprile 409.
La sua opera si svolse in un periodo di ritorni al paganesimo e di eresie. Riportò nella città le spoglie del suo predecessore San Massimo, che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana. Fu amico di sant'Ambrogio (340-397) che conobbe durante il Concilio plenario campano del 392 a Capua.
A Severo viene attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, il più antico dell'Occidente. Una «Vita» di Severo scritta nell'XI secolo, riporta un suo miracolo operato in vita: non potendo aiutare in altro modo una vedova, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato per un debito del defunto marito, Severo condusse l'uomo al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui lo fece sbugiardare. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Napoli, San Severo, vescovo, amato da Sant’Ambrogio come fratello e dalla sua Chiesa come padre.
Nel catalogo dei vescovi napoletani è al dodicesimo posto; della sua vita anteriore al suo ministero vescovile, non si sa praticamente nulla.
San Severo espletò il suo episcopato dal febbraio 363 al 29 aprile 409, quindi qualche decennio dopo la libertà di culto decretata da Costantino ai cristiani (313); fu certamente un periodo in cui le due religioni, pagana e cristiana, furono costrette a convivere, ed i rigurgiti del paganesimo erano frequenti.
La sua opera si svolse dopo questi ritorni pagani ed i violenti attacchi degli eretici ariani; i seguaci dell’eretico Ario di Alessandria (280-336) affermavano che il Verbo, incarnato in Gesù, non è della stessa sostanza del Padre, ma rappresenta la prima delle sue creature; l’eresia condannata dai Concili di Alessandria del 321 e Nicea del 325, provocò una lotta a volte anche violenta, fra le due posizioni esistenti nella Chiesa di allora.
La Chiesa di Napoli, con la sua guida illuminata, rifiorì nella fede genuina del cristianesimo; riportò nella città le spoglie del suo predecessore San Massimo (sec. IV), che era morto in esilio in Oriente, durante la persecuzione ariana.
Bisogna dire che San Massimo fu il decimo vescovo di Napoli e San Severo il dodicesimo, quindi fra i due ci fu l’usurpatore ariano Zosimo, che probabilmente ritornò, durante i suoi sei anni di episcopato, alla fede originale e quindi venne considerato l’11° vescovo legittimo.
Svariati antichi documenti confermano che si conquistò stima ed affetto non solo dei cristiani, ma anche dei pagani. Fu amico di s. Ambrogio (340-397) vescovo di Milano, che ebbe occasione di conoscerlo durante il Concilio plenario campano, tenutasi nel 392 a Capua.
Gli vengono attribuite le fondazioni di quattro basiliche, di cui una adorna di marmi e preziosi mosaici era dedicata al Salvatore, di questa antica basilica chiamata poi S. Giorgio Maggiore, è rimasto solo l’abside.
A Severo viene concordemente attribuita la costruzione del celebre Battistero di Napoli, anteriore di circa trenta anni a quello eretto al Laterano da Sisto III (432-440) e pertanto è il più antico dell’Occidente. Il Battistero è attualmente addossato alla basilica di Santa Restituta nel Duomo di Napoli; chiamato anche “San Giovanni in fonte”, si ispira a canoni orientali, con mosaici ritenuti i più preziosi fra quelli pervenutaci da altri battisteri.
Fuori delle mura della città, Severo fece costruire a poca distanza dalla Basilica di S. Fortunato, una basilica cimiteriale, dove fece deporre le reliquie del vescovo s. Massimo e che pare sia stata pure la sua prima sepoltura.
Da questa basilica, le sue reliquie furono trasferite verso la metà del IX secolo, in un oratorio della Basilica urbana di S. Severo nel Rione Sanità, tenuta da una Congregazione sacerdotale detta “della feria sesta”.
Nel 1310 l’arcivescovo Umberto d’Ormont, che era stato in precedenza insignito del titolo di abate della Basilica di S. Severo, collocò le reliquie sotto l’altare maggiore, innalzandovi sopra un magnifico ciborio di marmo, che alcuni studiosi attribuirono a Tino da Camaino o alla sua scuola.
Questo trasferimento di reliquie, risvegliò il culto per il Santo vescovo, che si era alquanto sopito, dopo il 1294, per la sopravvenuta devozione verso il martire domenicano San Pietro da Verona.
Il celebre Calendario Marmoreo di Napoli, scolpito nel IX secolo e conservato negli ambienti conglobati nel Duomo, riporta la sua festa al 29 aprile e con questa data è passato nel ‘Martirologio Romano’.
Una ‘Vita’ leggendaria di San Severo scritta nell’XI secolo, riporta un miracolo operato in vita dal Santo vescovo: non potendo aiutare in altro modo una povera vedova con piccoli figli, minacciata di schiavitù da un uomo, che pretendeva di essere pagato un debito del defunto marito; allora Severo lo condusse con sé, insieme al clero e molto popolo, al sepolcro del defunto, richiamandolo in vita e da lui pubblicamente fece sbugiardare il pretendente, perché non gli doveva niente.
È un tipo di miracolo che si trova anche nei racconti delle ‘Vite’ di altri celebri Santi antichi, quindi è molto probabile che sia una leggenda aggiunta dall’anonimo agiografo di San Severo. Il Santo è anche patrono della città e diocesi di San Severo, in provincia di Foggia.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Severo di Napoli, pregate per noi.
Martirologio Romano: Commemorazione di San Tíchico, discepolo di San Paolo Apostolo, che lo chiama nelle sue Lettere caro fratello, ministro fedele e compagno nel servizio del Signore.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Tichico, pregate per noi.
*San Torpete (Torpes, Torpè) - Martire (29 Aprile)
Sec. I
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Pisa, San Torpeto, martire.
Secondo la tradizione, Pietro, prima di raggiungere Roma, giunse ad una cittadina poco lontana dalla futura Repubblica Marinara di Pisa.
A ricordo del soggiorno di Pietro è la bellissima Chiesa di San Piero a Grado, che ancora oggi testimonia le origini della presenza cristiana nella provincia pisana. Le scarse notizie su Torpete ci informano che fu contemporaneo a questi avvenimenti.
Gli Atti del martirio di S. Torpete, che attestano la devozione per il Santo pisano già dal IX secolo, ad opera dei Bollandisti e il Martirologio Romano, che contiene l’Elogio del santo martire, costituiscono le uniche scarse fonti, che sebbene debbano essere lette con molta prudenza, offrono un quadro generale plausibile sulla figura di Torpete.
Torpete visse in tempo di persecuzioni. L’impero romano, che ebbe spesso nei confronti della Chiesa Cristiana un rapporto conflittuale e talvolta di aperto contrasto, ricorse anche a pratiche intimidatorie ed eliminazioni fisiche dei seguaci di Gesù.
Divenuto anch’egli cristiano, Torpete praticava di nascosto la nuova fede religiosa, il che non gli impediva di svolgere un ruolo importante presso l’amministrazione romana, come troviamo scritto in Filippesi 4, 22.
Tornato a Pisa, fu riconosciuto cristiano dal prefetto della città, Satellico, il quale tentò di riportarlo alla religione pagana. A nulla valsero i suoi sforzi: né le false promesse, né le prove fisiche convinsero Torpete a rinnegare Gesù Cristo, che raggiunse in cielo il 29 aprile, giorno del suo martirio. Dopo la morte, il suo corpo fu abbandonato sopra una imbarcazione, che si arenò presso Sino, un porto talvolta riconosciuto in Francia, in altre occasioni in Spagna o anche in Portogallo.
Ciascuna di queste nazioni rivendicano infatti il corpo del martire, testimonianza del fatto che il culto del santo pisano è effettivamente molto antico, come dimostrano le Chiese dell’XI secolo dedicate in suo onore. Sempre nello stesso secolo, intorno al 1084, si trova traccia della Chiesa pisana di San Torpete.
L’importanza del Santo pisano crebbe nei secoli anche in virtù dei numerosi miracoli riconosciuti a Torpete. Monsignor Federigo Visconti, vescovo di Pisa dal 1254 al 1278, riporta nel Sermone 36, recitato il giorno dell’Ascensione, che la chiesa di S. Piero ad Gradus era meta di molti pellegrini, non solo toscani, che concurrunt cum devozione maxima ad Ecclesiam istam Beati Petri Apostoli.
Il Codice Civile della Repubblica del 1284 stabiliva che il giorno 29 aprile si celebrasse la sua festa.
Tra i segni prodigiosi compiuti dal santo pisano merita di essere ricordato quello del 29 aprile 1633: colpita da una gravissima peste, la città di Pisa ricorse alle preghiere ed alla intercessione di Torpete, e ne fu immediatamente liberata.
(Autore: Massimo Salani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Torpete, pregate per noi.
*Sant'Ugo di Cluny - Abate (29 Aprile)
Brionnais (Autun), 1024 - Cluny (Francia), 29 aprile 1109
Ugo il Grande fu il quarto abate della celebre abbazia benedettina di Cluny, centro della rinascita religiosa, e non solo, che investì l'Europa dell'XI secolo.
Nato nel 1024, eletto a venticinque anni alla guida della comunità monastica francese, governò numerosi monasteri. Fu consigliere di re e papi, tra i quali Gregorio VII (Ildebrando di Soana) che prima di accedere al soglio pontificio era stato un suo monaco. Morì nel 1109. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Cluny in Burgundia, nell’odierna Francia, Sant’Ugo, abate, che per sessantuno anni resse santamente il monastero di questo luogo, sempre dedito alle elemosine e alla preghiera, custode e instancabile promotore della disciplina monastica, fervido amministratore e propagatore della Santa Chiesa.
Le notizie su questo santo abate dell’abbazia benedettina di Cluny in Francia, fondata nel 910 da Guglielmo il Pio, duca di Aquitania, ci pervengono da ben quattro ‘Vite’ tutte scritte dal 1120 al 1125, praticamente quasi contemporanee, essendo s. Ugo morto nel 1109.
Egli nacque nel 1024 a Brionnais nella diocesi di Autun, primo degli otto figli del conte Dalmazio di Semur e imparentato con i duchi di Aquitania e con i conti di Poitou.
Contrariamente ai desideri paterni di farlo diventare un cavaliere, Ugo appoggiato dalla madre, si indirizzò verso gli studi, insistendo riuscì ad entrare nel convento di S. Marcello di Chalon nel 1037, per ricevere un’adeguata educazione.
Questo convento era stato donato a Cluny da un suo parente, il vescovo di Auxerre, Ugo conte di Chalon. Nel 1039, vincendo ancora l’opposizione del padre, entrò a 15 anni, come novizio nell’abbazia di Cluny e qui nel 1044 a venti anni fece la sua professione e ordinato sacerdote; tre o quattro anni dopo a soli 24 anni, divenne priore maggiore nella celebre abbazia.
Nel 1048 venne inviato in Germania in missione presso l’imperatore Enrico IV, era ancora in viaggio, quando il 1° gennaio 1049 morì l’abate di Cluny, Sant’ Odilone, Ugo fu eletto come successore il 20 febbraio, insediandosi due giorni dopo.
Il suo abbaziato durò moltissimo, circa 61 anni e fu diviso tra i periodi trascorsi a Cluny ed i numerosi viaggi nelle varie Case dell’Ordine benedettino, dipendenti dall’abbazia cluniacense e in vari Paesi stranieri; come è noto i viaggi di allora erano fatti a piedi o a dorso di mulo o cavallo, quindi i tempi erano lunghi ed i percorsi pieni di pericoli e difficoltà.
I suoi viaggi e le date sono state accuratamente tracciate in tutti i particolari, da studiosi della materia; nel 1049 fu a Reims per il Concilio là svoltasi; poi accompagnò fino a Roma il papa Leone IX dove prese parte al Sinodo del 1050; nella Pasqua del 1051 si trovava a Colonia per il battesimo del figlio dell’imperatore Enrico III.
Ancora lo si trova in Ungheria per fare opera di riconciliazione fra l’imperatore suddetto ed il re Andrea I, durante il viaggio di ritorno, fu catturato dai banditi e liberato poi dopo il pagamento di un riscatto. Nel 1055 e 1056 partecipò a dei Concili in Italia e in Francia; negli anni successivi fu di nuovo a Roma ad un Sinodo e a Firenze per la morte di papa Stefano IX; partecipò al Concilio Lateranense del 1059, presiedette in Francia alcuni Concili Provinciali, tornò a Roma per il Sinodo del 1063, poi è di nuovo in Francia con San Pier Damiani, che partecipa al Concilio di Chalon, per dirimere una controversia instauratasi tra Cluny e il vescovo di Mâcon.
Continuando in questa incredibile missione itinerante, tanto faticosa per quell’epoca, Ugo prosegue nella sua opera di legato pontificio nel Mezzogiorno della Francia; nel 1072 è alla Dieta di Worms in Germania, e nel 1073 è in Spagna. Negli anni successivi farà da mediatore tra il papa e l’imperatore a Canossa, incontrerà nei loro luoghi di residenza Guglielmo il Conquistatore, Papa Gregorio VII, l’imperatore Enrico IV, il re di Spagna Alfonso VI; nel 1093-94 è al monastero di S. Biagio nella Foresta Nera.
Quando risiede a Cluny, accoglie papa Urbano II nel 1095, Sant’ Anselmo d’Aosta nel 1097, Papa Pasquale II nel 1106. Concluse la sua laboriosissima vita ad 85 anni, il 29 aprile 1109 a Cluny.
Durante il periodo della sua carica di abate, Cluny raggiunse il suo massimo splendore, nonostante che la stessa abbazia risentì per altri versi, delle sue continue e prolungate assenze; Ugo non era incline ad allargare ulteriormente le fondazioni monastiche, che si ricollegavano all’abbazia madre di Cluny, specie se lontane come in Inghilterra; ad ogni modo se splendore vi fu, dopo la sua morte cominciò un periodo di decadenza di Cluny, che gli studiosi fanno risalire già ad alcune iniziative di Ugo.
Infatti l’Abbazia fu ridimensionata nel numero di monaci, perché molti furono mandati a popolare le nuove fondazioni; una conseguenza fu che si abbreviò il tempo del noviziato e il tempo della formazione e già nel 1075-1086 la Comunità del monastero dava segni di stanchezza; il progredire della prosperità materiale, provocò fra i monaci una diminuzione dello spirito di povertà e di austerità e un interesse maggiore verso le costruzioni; si mendicava, più che lavorare.
La provvisoria decadenza dell’Istituzione, com’è nella logica delle cose terrene e che accadde dopo un periodo di splendore, fu certamente ritardata dalla forte personalità del santo abate, durante i sessanta lunghi anni del suo governo.
Per quanto riguarda il culto, per s. Ugo c’è una particolarità; quando all’inizio del 1120, Papa Callisto II visitò Cluny, gli venne chiesto, in base ad alcuni documenti, di riconoscere la santità del grande abate, santità che fino a pochissimo tempo prima, veniva perlopiù dichiarata a grande richiesta popolare.
Il Papa non ritenne sufficienti i documenti presentati e chiese allora un interrogatorio di testimoni; questo è uno dei più antichi casi di una ricerca storica preliminare ad una canonizzazione. Soddisfatto ciò il Papa il 6 gennaio dello stesso anno 1120, dichiarò santo Ugo di Cluny, fissandone la festa al 29 aprile.
Successivamente in parecchi monasteri benedettini, la festa fu unificata nello stesso giorno, per i quattro santi abati di Cluny, Oddone, Maiolo, Odilone e Ugo.
La grande reputazione del santo abate, fu associata a quella di altri due grandi personaggi della Chiesa, suoi contemporanei, Papa San Gregorio VII (1020-1085) e Sant’ Anselmo d’Aosta (1033-1109). Le sue reliquie furono nel 1220 deposte in una cassa per la venerazione dei fedeli, su autorizzazione di Papa Onorio III. Nel 1562 gli Ugonotti (in Francia, i protestanti seguaci di Calvino) saccheggiarono l’abbazia di Cluny e il corpo del Santo, dopo un tentativo di salvataggio portandolo nel castello di Lourdon, fu bruciato e disperso al vento con altre reliquie; si salvò solo un frammento del femore.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Ugo di Cluny, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (29 Aprile)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.